Dovendo scegliere il nome per la nostra azienda, abbiamo deciso di cercarne uno che richiamasse l’orgoglio bresciano.
La scelta è ricaduta su “Carlo Zima”, eroe popolare delle X Giornate di Brescia che le valsero il nome di Leonessa d’Italia.
“Ben pochi canti dell’Epopea del Risorgimento italiano possono, per gli episodi di eroico ardimento individuale e per resistenza prodigiosa, assomigliarsi a quello delle dieci giornate di Brescia del 1849.
Dal 23 marzo a tutto il giorno del primo di Aprile durò la lotta accanita: più di una volta i generosi Bresciani videro le spalle dell’agguerrito nemico.
Il Maresciallo Haynau, celebre per la sua ferocia; Nugent che, commosso allo spettacolo di tanta prodezza, morendo lasciava a Brescia la sua fortuna; Appel… si videro, con le loro schiere quintuple a quelle che pugnavano per la patria diletta e per l’onore dell’Italia, più di una volta, perduti, chiesero ed ebbero rinforzi dal comando generale dell’esercito austriaco.
[…]
Ogni mezzo era buono a difendersi, ogni mezzo ad offendere.
Basti citare, per tutti, il fatto di Carlo Zima che volle morire bruciato insieme ad un feroce assalitore, che voleva finirlo nel modo più orrendo.
Fra tuti gli episodi più cavallerescamente spensierati, che ingemmano la storia delle nostre cospirazioni e delle nostre battaglie non ve n’è un altro che con questo possa trovare riscontro.
Chiedemmo particolari su Carlo Zima a persona competentissima per studi patriottici ed assidua ricercatrice di particolari e di fatti che si collegano al nostro risorgimento.
Ne avemmo questa risposta.
Di Carlo Zima, figlio di Antonio, fabbro, nato a Brescia nel 1822, e fabbro di carrozze egli stesso, narrano, brevemente e, non so perché, ma forse perchè nel 1849, durante le dieci giornate, tutti furono eroi, Cesare Correnti, Felice Venosta, Attilio Tosoni, un anonimo bresciano (che è certo Giuseppe Porcelli) e Carlo Cassola.
Accennano però tutti semplicemente al fatto, senza spenderci lunghe parole.
Io ebbi però la ventura di conoscere un nostro popolano, un tal Bartolo Filippini, ora morto, valoroso combattente d’officina e vide la fine miseranda dell’eroe popolare.
Ecco ora cosa mi narrò e mi ripeté spesso quel vecchio combattente.
Carlo Zima lavorava con me in una piccola fabbrica di carrozze, esistente allora in Borghetto Sant’Alessandro, ora Corso Cavour, storto (claudicante), era però di forza erculea ed un gran lavoratore.
Scoppiata in Marzo la Rivoluzione, abbandonammo l’officina e ci portammo da prima alla barricata di Torrelunga, eppoi “’n po’ per töt endòe ghérö de menà le ma” (un po’ ovunque dove c’era da menar le mani) ricordo testuale.
Alle 10 del primo di Aprile, gli Austriaci, rinforzati dal corpo del Generale Appel, reduce da Novara, irruppero da ogni parte della città. Fu un’ultima disperata lotta, alla quale seguì l’eccidio feroce.
Sei popolani, tra i quali Carlo Zima, tennero testa a porta Sant’Alessandro da un’osteria prospiciente la barriera. I croati la presero d’assalto: uccisero l’oste ed un suo figlioletto e trassero fuori altri cinque.
Un croato, munito di pece, di quella pece con cui gli austriaci, insieme coll’acqua ragia, stavano incendiando, fino dalla mattina, le case, di mano in mano che si inoltravano nella città, ne spruzzò gli abiti dello Zima ed ebbe la crudele vaghezza di accenderli.
Se ne avvide il forte popolano e non volle darla per vinta a quella tigre in sembiante umano. Avvinghiò l’assassino e disse: El sarà ‘n falò piö bel”! (Sarà un falò più bello)
II croato invano si dibattè: le due braccia dello storto erano più tenaci di una morsa di ferro. Colla poderosa forza, lo Zima aveva ridotto ormai all’impotenza assoluta quel prepotente.
Le vampe avvolsero l’uno e l’altro. Nulla di più orribile e di più imponente ad un tempo di quei due uomini che si dibattevano, sfacendosi, in mezzo alle fiamme.
Accorse un ufficiale. Colla sciabola troncò le dita ne tagliò poi le braccia, all’eroico popolano, ma indarno.
I due arsero e morirono insieme. Gli altri quattro furono fucilati.
Brano tratto dal libro di Ettore Socci – “Umili eroi del risorgimento Italiano”
A seguito di questo fatto i Bresciani composero questi versi
“Dove nacque Carlo Zima
non si more da codardi;
fin morendo si è gagliardi
per uccider l’uccisor.”
NOI NON DIMENTICHIAMO!
Zima srl
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